Final Fantasy X ha ancora molto da insegnarci.

Il 24 maggio del 2002 usciva un videogame per Play Station che avrebbe rivoluzionato il mondo dei giochi di ruolo: Final Fantasy X. No, non si legge “fainal fantasi ics”, come ho fatto spesso quando ero piccolo, perché questa meraviglia videoludica altro non è che il decimo capitolo della serie Final Fantasy.

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L’affascinante logo di Final Fantasy X, ideato da Yoshitaka Amano.

Per chi non fosse avvezzo al genere, si tratta di una saga di videogiochi entro la quale ciascun capitolo è separato dagli altri: storyline, trama, mondo di gioco e personaggi, infatti, cambiano. Alcuni elementi rimangono invece uguali, o quantomeno simili, in tutta la serie: i nomi delle magie nere, i nomi di certe armi, la presenza di enormi struzzi gialli chiamati chocobo, per fare degli esempi.

Final Fantasy X fu rivoluzionario non solo perché riuscì a sfruttare a pieno il motore grafico – che oggi ci sembra un cesso a pedali – della Play Station 2, ma anche perché per il primo Final Fantasy uscito su questa piattaforma di gioco venne composta da Nobuo Uematsu (forse il compositore più celebre del mondo dei videogiochi) una colonna sonora meravigliosa, toccante, una vera e propria opera d’arte il cui brano più celebre, To Zanarkand, doveteascoltarvelominchiavveloce a questo link.

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Le rovine di Zanarkand viste dal Monte Gagazet.

La trama di Final Fantasy X (sulla quale non posso dilungarmi, ma farò dei riassuntini nei punti più sotto; vi rimando a questo bel riassunto se volete rispolverarla tutta: link) ha la potenza narrativa di un enorme romanzo, un bel romanzo aggiungerei, e come tutti i buoni libri ha qualcosa da insegnarci. E allora tra gigantesche balene assassine, guerre tra popoli e religioni fanatiche, cerchiamo di ricavare tre lezioni da questo stupefacente videogioco.

  1. Sin: il Male Assoluto.

    L’antagonista principale di Final Fantasy X è Sin, un gigantesco mostro dalle sembianze di cetaceo venuto al mondo mille anni prima degli eventi di Final Fantasy X, durante una sanguinosa guerra tra due fazioni: Zanarkand (un popolo di invocatori, cioè maghi in grado di invocare creature spirituali chiamate Eoni) e Bevelle (un popolo che si affidava a sofisticati macchinari per fare tutto, compresa la guerra).

    Sin venne creato dalla fazione di Zanarkand a scopo difensivo, ma la potenza di quest’essere sfuggì di mano perfino ai suoi creatori e cominciò così a distruggere qualsiasi cosa si trovasse nel mondo di Spira (il continente orientaleggiante in cui è ambientato Final Fantasy X), Zanarkand compresa.

    Gli abitanti di Spira del presente credono però che Sin (parola che in inglese significa “peccato”) sia una punizione, lo scotto da pagare perché mille anni prima i popoli che abitavano Spira abusarono della tecnologia.

    Parlando da un punto di vista strettamente filosofico, Sin si sarebbe potuto chiamare tranquillamente Evil. Il motivo è che all’interno del gioco Sin rappresenta un Male Assoluto, una creatura il cui unico scopo è la distruzione senza se e senza ma. Eppure, è proprio in virtù della sua esistenza che i popoli di Spira non si fanno più la guerra da mille anni. In qualche modo, Sin, che tutto devasta senza fare preferenze o sconti, è un Male Assoluto che tiene alla larga mali minori, cioè le guerre tra fazioni.
    A corroborare questa mia interpretazione c’è il fatto che in Final Fantasy X-2 (il discusso sequel dell’X), dove Sin non c’è, i popoli di Spira si ritrovano ancora una volta sull’orlo di una guerra.
    Questa caratteristica di Sin fa sorgere un interrogativo: fuor di videogioco, nel nostro mondo, per garantire la pace tra i popoli potrebbe forse servirci un Sin, una creatura senza alcuna morale che non fa distinzioni su dove portare la devastazione?
    E ancora: il Male Assoluto ha la capacità paradossale di tenerci coesi, di spronarci alla solidarietà?

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    Sin, l’antagonista principale di Final Fantasy X
  2. La critica all’abuso della tecnica.

    Come ho detto in precedenza, la guerra combattuta mille anni prima degli eventi di Final Fantasy X coinvolse l’uso di una gran quantità di tecnologia bellica da parte della fazione di Bevelle. Nella Spira presente, l’uso della tecnologia è bandito e condannato da buona parte della popolazione, specialmente quella più religiosa, che vede in essa il motivo per cui sorse Sin in primo luogo.
    Nonostante le cose non stiano proprio così, Final Fantasy X sembra voler fare anche una critica all’abuso della tecnica, soprattutto quando i dispositivi che essa produce vengono impiegati a scopo bellico, causando non pochi problemi etici e morali. D’altro canto, se Bevelle non fosse stata così tecnologicamente avanzata, forse non sarebbe mai andata in guerra contro Zanarkand, che a sua volta non avrebbe creato Sin per difendersi.
    Da questo punto di vista, Sin sembra l’incarnazione dello spirito del mondo, una mostruosa e gargantuesca Madre natura che si ribella agli artifici dell’uomo e ne punisce le velleità.

    Non escluderei peraltro che questo sdegno nei confronti della tecnologia bellica sia l’allegoria della sofferenza derivante dalle ferite inferte al popolo giapponese (dobbiamo ricordare che la Square Enix, l’impresa di videogiochi che produce i Final Fantasy, ha sede a Tokyo) dalle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki.

  3. Religione e Verità

    Gli abitanti di Spira praticano un credo che somiglia molto a un miscuglio tra shintoismo e buddhismo: Yevon. Il nome deriva da Yu Yevon, il grande Invocatore di Zanarkand che ebbe un ruolo fondamentale nella creazione di Sin.

    I dettami della religione yevonita possono essere riassunti in tre assiomi:
    1) Sin potrebbe venire estirpato una volta per tutte da Spira, ma non si sa come: bisogna sperare che prima o poi non si rigeneri;
    2) Sin può essere eliminato da Spira per un periodo di tempo variabile, chiamato Bonacciale, durante il quale Sin si rigenera per tornare ancora una volta a tormentare gli abitanti di Spira, chiudendo un ciclo di morte e rinascita virtualmente infinito.
    3) il solo modo per liberarsi di Sin è quello canonico: un invocatore parte dalla sua città natale alla volta di un lungo pellegrinaggio, accompagnato dai suoi guardiani. Durante il viaggio l’invocatore visita vari templi di Spira e in ciascuno di essi riceve una benedizione necessaria a invocare creature spirituali, gli Eoni, sempre più forti. Giunto alle rovine di Zanarkand l’invocatore deve sacrificare uno dei guardiani per ricevere l’ultima benedizione, che consente a lui o lei di invocare l’Eone Supremo, in grado di eliminare Sin da Spira per il periodo del Bonacciale. Il costo di questa invocazione è la vita dell’invocatore. Per farla breve, per sconfiggere Sin devono essere sacrificate due vite: quella di un guardiano che si trasformi in Eone Supremo, e quella dell’invocatore, che muore durante l’invocazione.

    Le cose su Spira sono andate avanti così per mille anni: seguendo i dettami yevoniti, un invocatore e un guardiano si sono puntualmente immolati per liberare il continente da Sin per un po’ di tempo, dopodiché Sin si è rigenerato ogni volta, facendo ripartire la spirale di morte da capo.

    Durante gli eventi di Final Fantasy X, tuttavia, Yuna, la protagonista del gioco nonché invocatrice, una volta giunta a Zanarkand per ricevere l’ultima benedizione e l’Eone Supremo scopre che in realtà Sin non può essere sconfitto mai, almeno non seguendo le modalità canoniche. In realtà, lo stesso credo yevonita è perpetratore di Sin e connivente con il Male Assoluto, proprio perché, come spiega Yunalesca (lo spirito che concede agli invocatori l’Eone Supremo) la sconfitta di Sin serve a dare alla gente di Spira la speranza vana che un giorno possa venire distrutto definitivamente.

    È in questo frangente che Yuna si rifiuta di sacrificare un guardiano e sé stessa in onore di una causa persa in partenza: resasi conto della vanità della morte degli invocatori e dei guardiani che l’hanno preceduta, Yuna decide, in comune accordo con i suoi guardiani, di trovare un modo per uccidere Sin una volta per tutte senza dover sacrificare nessuno.

    Nella scelta di Yuna è facile intravedere un Super-uomo, o meglio una Super-donna nietzscheana, in grado di squarciare il velo di Maya, quella fitta rete di menzogne che la religione yevonita ha intessuto negli anni per deformare la realtà di Sin. Yuna si ribella alle false speranze che dava la religione yevonita e decide di farsi lei stessa speranza, la speranza che porterà su Spira il Bonacciale Eterno estirpando Sin una volta per tutte.
    A ben vedere, Final Fantasy X sembra voler fare anche una critica alle religioni organizzate, quelle che prevedono intermediari per poter comunicare con Dio, dipingendole come illusorie, meschine e calcolatrici. È proprio nel momento in cui Yuna rifiuta le menzogne che le propongono gli intermediari religiosi (Yunalesca, ma anche le alte cariche di Yevon: Jiscal Guado, Kelk Ronso, Mika e Kinoc) che riesce a “scrivere la propria storia”, a decidere da sé come interrompere la spirale di morte in cui è irretita Spira risparmiando la vita di tutti.

Ho racchiuso le mie riflessioni solamente in tre punti, ma potrei andare avanti all’infinito: Final Fantasy X è un videogioco che ancora oggi ha molto da insegnare, perfino agli altri capitoli della serie.

Non vi resta che comprare il Remaster in HD per PS4 che è uscito nel 2015, inserirlo nella console e partire per il lungo, impervio pellegrinaggio verso Zanarkand.

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